ADB La Fabbrica dei MiniBond
- Aprile 28, 2015
- Posted by: be2be
- Categoria: Rassegna stampa
In principio fu la Caar. Era l’aprile del 2013 e la società di progettazione con sede a Orbassano fu la prima azienda italiana a lanciare un mini- bond. Ad aiutarla come advisor ci fu, tra gli altri, la torinese Analisi Dati Borsa, che a due anni di distanza può festeggiare un piccolo record: oggi terrà a battesimo la sua decima obbligazione in miniatura, per conto della lombarda Oxon, realtà specializzata nella produzione di agrofarmaci.
Nell’ultimo biennio sono stati poco più di cento i titoli di questo tipo finiti sul mercato Extramot e uno ogni dieci porta appunto la firma di Adb. «Le obbligazioni di taglio piccolo sono però una sessantina circa, dunque in questo senso la proporzione è anche più elevata», sottolinea Gian Enrico Plevna, presidente e amministratore delegato di Analisi Dati Borsa.
Qualcosa dunque si muove pure in Italia, dove le aziende continuano a preferire le banche per ottenere finanziamenti: «Questi strumenti alternativi iniziano a diffondersi anche da noi. Il fenomeno dei minibond non è esploso, ma stanno aumentando sia i titoli emessi che i fondi specializzati nel loro acquisto», spiega Plevna. Che però fa notare: «Non bisogna pensare che questo tipo di obbligazioni sia alternativo al canale bancario. Piuttosto, è complementare: serve a coprire le esigenze di finanziamenti sul medio periodo, mentre gli istituti di credito restano un mezzo prezioso per far fronte alle necessità di breve periodo».
In questi primi due anni, oltre alla Caar, hanno utilizzato i minibond anche altre piccole e medie imprese piemontesi come l’azienda energetica albese Egea ( energia), la società di progettazione cuneese Essepi (entrambe avevano ADB come advisor), ma anche come la torinese Asja Ambiente (con Anthilia Sgr e la Popolare di Bari). In futuro, secondo il top manager di Analisi Dati Borsa, si assisterà a un consolidamento di questo strumento: «Il numero di aziende emittenti e di bond quotati dovrebbe crescere ancora. Per funzionare, però, dovranno essere offerti da imprese sane e con programmi di crescita interessanti, quindi non mosse dalla sola esigenza di ristrutturare i propri debiti », dice Plevna.
Dall’altro lato, però, nuovi strumenti prenderanno piede: «Mi aspetto uno sviluppo delle cosiddette cambiali finanziarie. Sono strumenti che servono alle aziende per aumentare il “circolante”, con tagli piuttosto piccoli. E ancora, potrebbe crescere anche la cartolarizzazione delle piccole obbligazioni, come alternativa ai comuni fondi di minibond».
Poi c’è l’antico fascino della Borsa, che in questa lunga crisi economica pareva essersi smarrito e che ora invece è tornato in voga, con la corsa delle matricole. «In questi giorni stiamo seguendo la quotazione di Cover50 », racconta il presidente di ADB. È l’impresa nota per vendere i propri pantaloni anche al presidente Usa Barack Obama e, dice Plevna, è una realtà «che ha ottimi tassi di crescita e un’ottima redditività, che fattura 24 milioni e ne crea 4,2 di utile netto».
La particolarità del suo sbarco a Piazza Affari è che nel segmento Aim (il Mercato alternativo del capitale) le imprese manifatturiere sono piuttosto rare: «Speriamo – commenta il numero uno di Analisi Dati Borsa – che questo caso sia di buon auspicio anche per altre realtà che fanno parte dell’industria piemontese».
Fonte: La Repubblica